Fuoco di Prometeo

''Con acqua e terra Prometeo plasmò gli uomini e donò loro il fuoco''. Con parole e anima raccontiamo le gesta di coloro che dal passato, bruciano ancora nel presente.

Da dove tutto ebbe inizio: il proemio

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«Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam fato profugus Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus et alto
vi superum, …»

eneide, proemio
Sir Nathaniel Dance-Holland – The Meeting of Dido and Aeneas 

Il proemio dell’Eneide, opera epica scritta da Virgilio nel I secolo a.C., è una delle introduzioni più celebri della letteratura latina. Esso narra le vicende del valoroso eroe troiano Enea, che, dopo la caduta di Troia, intraprende un lungo viaggio per fondare una nuova patria destinata a diventare l’Impero Romano.

Il proemio si apre con le celebri parole “Arma virumque cano” (Canto le armi e l’uomo), sottolineando l’importanza della guerra e del protagonista, Enea. Queste parole pongono immediatamente l’attenzione del lettore su un’epopea che tratta di eroi, conflitti e destini epici.

Virgilio si presenta come il cantore delle gesta di Enea, ma anche come l’iniziatore di un nuovo genere letterario: l’epopea romana. Egli si ispira alle epoche passate e al modello omerico, ma introduce anche nuovi elementi, come la glorificazione dell’Impero Romano e il destino dei Romani come discendenti di Enea.

Caratteristica è la struttura chiara e simmetrica. Virgilio descrive l’ira di Giunone, dea protettrice di Cartagine, che ostacola il viaggio di Enea. La dea, ancora risentita per il giudizio di Paride che favorì Elena, la causa della guerra di Troia, vuole vendicarsi distruggendo Enea e il suo popolo. Questa narrazione iniziale crea un senso di tensione e di avversità che sarà superato dall’eroe nel corso dell’opera.

Virgilio poi introduce gli dei dell’Olimpo, i loro intrighi e la loro influenza sulle vicende umane. Egli fa riferimento anche al concetto di fato e destino, che svolgono un ruolo centrale nell’Eneide. Il destino di Enea è quello di fondare la città di Roma e la grandezza dell’Impero Romano, e gli dei sono protagonisti nella sua storia.

Infine, Virgilio si rivolge a Augusto, l’imperatore romano del suo tempo, dichiarando che la sua missione è quella di celebrare le glorie dell’Impero e di glorificarne il fondatore, Enea. Questo proemio, quindi, serve anche a legittimare il governo di Augusto e a esaltare la grandezza di Roma.

Il proemio dell’Eneide è un’apertura maestosa e solenne che cattura l’attenzione del lettore e stabilisce i temi e le ambizioni dell’epopea. Esso anticipa le imprese eroiche di Enea, le lotte divine e il destino epico del popolo romano, rendendolo uno dei proemi più influenti della letteratura classica.

Didone

Joseph StallaertLa morte di Didone (1872)

Didone, la leggendaria regina di Cartagine, incarna la forza, la determinazione e la passione. Figlia del re di Tiro, Didone lasciò la sua terra natale in cerca di una nuova patria e trovò rifugio a Cartagine, dove fondò una fiorente città.

Didone era una donna di grande saggezza e abilità politica, rispettata e amata dal suo popolo. Costruì una potente città portuale e promosse il commercio, facendo di Cartagine un importante centro economico del Mediterraneo.

Ma è la sua storia d’amore con Enea che rende Didone un personaggio affascinante e tragico. Quando Enea, eroe troiano, naufragò a Cartagine, Didone si innamorò di lui a prima vista. La loro passione fu intensa e travolgente, ma destinata a una fine dolorosa.

Nonostante il loro amore fosse sincero, gli dèi ordinarono ad Enea di lasciare Cartagine per compiere il suo destino di fondare una nuova Troia. La disperazione di Didone fu immensa, eppure accettò il suo fato con dignità regale.

Il cuore spezzato, Didone si dedicò a proteggere il suo popolo e a costruire un regno prospero. Ma la sua tristezza e il suo amore perduto la tormentarono fino alla fine. Alla fine, Didone prese una drammatica decisione: si sacrificò sul rogo per porre fine alle sue sofferenze e all’amaro ricordo di Enea.

La storia di Didone ci parla di un amore appassionato, ma anche delle sfide che l’amore può presentare. Rappresenta la forza di una donna che lotta per il suo popolo e persegue i suoi sogni, anche se a volte si traducono in dolorose rinunce.

Didone rimane un simbolo di coraggio, passione e determinazione, e la sua storia continua a ispirare artisti, poeti e amanti di tutto il mondo.

Enea

«Diede la vita a Enea Citerèa dalla vaga corona,
che con Anchise l’eroe si strinse d’amabile amore
sopra le vette dell’Ida selvosa, solcata di valli.»

EsiodoTeogonia, versi 1008-1010. Traduzione di Patrizio Sanasi
Fuga di Enea da TroiaFederico Barocci – 1598 – Galleria Borghese – Roma

Enea è un eroe leggendario della mitologia greca e romana. Figlio di Anchise, principe troiano, e di Venere, la dea dell’amore.

La sua storia più nota è narrata nell’Eneide di Virgilio. Dopo la caduta di Troia, Enea si trova a fronteggiare una serie di avventure e prove lungo il suo viaggio per fondare una nuova patria destinata a diventare l’Impero Romano. Egli è investito del compito di portare in salvo gli dei penati, i simboli sacri del suo popolo, e di trovare una nuova terra per il futuro dei troiani.

Enea affronta molte avversità nel corso del suo viaggio. È ostacolato dalla rabbia di Giunone, che cerca di vendicarsi su di lui a causa dell’offesa subita da Paride. Tuttavia, guidato dagli dei e dalla sua missione, Enea dimostra costanza, saggezza e coraggio di fronte alle sfide.

Durante il suo peregrinare, Enea visita diverse terre e incontra personaggi mitici. Fa tappa in Cartagine, dove si innamora della regina Didone, ma è costretto a lasciarla per adempiere al suo destino. Attraversa il regno degli Inferi, dove incontra l’ombra di suo padre Anchise, che gli rivela il futuro grandioso della sua discendenza.

Enea è anche un guerriero formidabile. Partecipa a battaglie epiche, come quella contro i nemici troiani e i nativi italici. La sua forza e abilità militari sono esaltate durante queste lotte, dimostrando la sua superiorità come eroe.

Infine, Enea raggiunge l’Italia e, dopo molte peripezie, riesce a sconfiggere i suoi avversari e a fondare la città di Lavinium. Il suo lignaggio diventa la base per la successiva fondazione di Roma, che diventerà l’Impero Romano. La sua discendenza, che comprende personaggi come Romolo e Remo, diventerà leggendaria per la sua grandezza e influenza nel corso dei secoli.

Enea rappresenta i valori romani di pietas (devoto rispetto agli dei, alla famiglia e alla patria), virtù militari e destino. È un eroe senza macchia, sempre fedele al suo compito e all’ordine divino. La sua figura incarna la fondazione mitica e gloriosa di Roma, e la sua storia rimane un’ispirazione per generazioni di romani e per la letteratura epica.

Amore

Cupido, William-Adolphe Bouguereau, 1891

Amore, il figlio di Venere, è una figura mitologica che incarna l’essenza stessa dell’amore romantico e passionale. Nella mitologia romana, Venere è la dea dell’amore e della bellezza, e il suo figlio Amore è considerato il dio dell’amore.

Amore è raffigurato come un giovane e affascinante dio alato, armato di un arco e di frecce dorate. Le sue frecce hanno il potere di scatenare l’amore e l’attrazione irresistibile tra le persone. Amore è spesso descritto come un ente giocoso e capriccioso, che può influenzare le emozioni umane a suo piacimento.

Il potere di Amore è così forte che può far innamorare anche gli dei e gli esseri mortali. Le sue frecce possono colpire i cuori più freddi e scatenare un amore appassionato e travolgente. Amore incarna l’idea che l’amore è un sentimento potente e incontrollabile che può accendere una fiamma nel cuore delle persone.

Tuttavia, nonostante il suo aspetto gioioso, Amore può anche essere un dio ambiguo e provocatore. Può creare amore e felicità, ma può anche seminare il caos e la sofferenza quando le sue frecce colpiscono senza avvertimento. L’amore può portare gioia e estasi, ma può anche causare dolore e tormento.

Venere

Giudizio di Paride, Rubens, 1638-39, Museo del Prado

Venere, conosciuta anche come Afrodite nella mitologia greca, è la dea dell’amore, della bellezza, della passione e della fertilità nella mitologia romana. Lei incarna l’essenza dell’amore romantico e della sensualità.

Venere è figlia di Giove (Zeus) e di Dione, ma a volte è descritta come nata dal mare, emergendo dalle acque con grazia e bellezza. È spesso raffigurata come una donna affascinante e seducente, con lunghi capelli fluenti e una figura perfetta.

Come dea dell’amore, Venere è associata alla passione e all’attrazione. È patrona degli amanti, delle relazioni e dei matrimoni felici. Si crede che il suo potere sia in grado di influenzare il cuore delle persone, scatenando passioni intense e profonde.

Venere è anche la dea della bellezza, incarnando la perfezione estetica e il fascino. La sua presenza porta armonia e dolcezza in ogni contesto. È spesso associata all’arte, all’eleganza e alla sensualità.

La leggenda più celebre legata a Venere è la sua storia d’amore con Adone, un giovane di straordinaria bellezza. La dea si innamora perdutamente di lui, ma la loro storia è segnata da tragedia, con Adone che perde la vita durante una caccia. Venere piange amaramente la sua morte, rappresentando la fragilità e la tristezza che possono accompagnare l’amore appassionato.

Venere è anche associata alla fertilità, poiché è considerata la protettrice delle madri, delle donne incinte e dei neonati. La sua influenza si estende al regno della natura, incoraggiando la crescita e la prosperità.

La figura di Venere ha avuto un’enorme influenza nell’arte, nella letteratura e nella cultura. La sua bellezza e il suo potere seduttivo hanno ispirato numerosi artisti nel corso dei secoli. Venere è diventata un simbolo universale dell’amore, della bellezza e della forza dell’attrazione.

In conclusione, Venere è una figura affascinante e potente nella mitologia romana. Come dea dell’amore e della bellezza, incarna le emozioni più profonde e i desideri del cuore umano. La sua presenza evoca una sensazione di amore appassionato, fascino e grazia, rendendola una delle divinità più amate e celebrate dell’antichità.

Nettuno

«…Il primo regno, cioè il dominio su tutto il mare, fu affidato a Nettuno che la tradizione vuole fratello di Giove ed il cui nome è un ampliamento del verbo nare…»

Marco Tullio CiceroneDe natura deorum, II, 66
Neptune – Marmo di Antoine Coysevox – 1705 – Museo del Louvre – Parigi.

Nettuno, nella mitologia romana, è la divinità del mare e dei mari. È considerato il dio più potente e imponente delle acque, governando sugli oceani e le profondità marine.

Nettuno è spesso rappresentato come un dio dai capelli lunghi e barba folta, con un tridente nella mano, simbolo del suo potere e della sua autorità sulle acque. Le sue sembianze sono maestose e imponenti, riflettendo la sua dominanza e la sua connessione con il regno marino.

Come signore dei mari, Nettuno ha il controllo sulle tempeste e sulle onde. Può calmare le acque o scatenare terribili maree e tempeste, a seconda del suo umore e dei suoi capricci. Gli antichi marinai e i viaggiatori spesso lo invocavano per protezione durante le loro traversate, pregando che le sue acque fossero calme e serene.

Nettuno è anche associato alla vita marina e alle creature che la abitano. È spesso raffigurato in compagnia di creature marine come i delfini, le sirene e i tritoni. Questi esseri mitici sono considerati suoi seguaci e servitori, e si dice che danzino e cantino nelle sue profondità marine.

Oltre al suo dominio sul mare, Nettuno è anche associato alla fertilità e all’abbondanza. Si credeva che il suo potere potesse influenzare la pesca e l’agricoltura, fornendo cibo e prosperità alle comunità costiere. Le persone spesso offrivano sacrifici a Nettuno per ottenere il suo favore e la sua benedizione.

In conclusione, Nettuno è una divinità potente e maestosa, che regna sovrano sugli oceani e le acque del mondo. Incarna la forza e la grandiosità del mare, e il suo potere evoca sia timore che rispetto. Come guardiano del mare, Nettuno rimane una figura iconica nella mitologia romana, simbolo del mistero, della potenza e della meraviglia dell’oceano.

Giove

Gli amori di Giove e Antiope, dipinto di Antoine Watteau, 1715 circa, Parigi, Museo del Louvre

Giove, noto anche come Zeus nella mitologia greca, è il dio supremo del pantheon romano. Egli rappresenta il potere, la giustizia, la sovranità e il destino. Come padre degli dei e degli uomini, Giove ha un ruolo di guida e controllo sull’universo e sulle vicende umane.

Giove è il figlio di Saturno (Crono) e Rea, ed è il fratello di Nettuno (Poseidone) e Plutone (Ades). Dopo una guerra titanica, Giove emerge vittorioso e diventa il governante degli dei dell’Olimpo.

Come dio del cielo e del tuono, Giove è spesso raffigurato con una folta barba e con un fulmine nella mano. Il suo simbolo principale è l’aquila, che rappresenta la sua maestosità e il suo dominio sugli alti cieli.

Giove è conosciuto per la sua figura imponente e il suo temperamento potente. È noto per la sua autorità e per la sua capacità di punire o ricompensare gli dei e gli uomini a seconda delle loro azioni. È un dio giusto e, spesso, interviene negli affari umani per ripristinare l’equilibrio e far rispettare la legge divina.

Come protettore della giustizia, Giove è invocato come arbitro in controversie e conflitti. Egli rappresenta l’ordine cosmico e si impegna per mantenere la stabilità dell’universo. Allo stesso tempo, è un dio benevolo che concede favori e benedizioni a coloro che si guadagnano il suo favore.

Giove è anche associato all’amore e alle relazioni. Egli ha numerosi amori e avventure, sia con dee che con mortali, e spesso prende forma umana per sedurre le sue amanti. Da queste relazioni nascono molti eroi e figure leggendarie dell’antichità.

Nel complesso, Giove è una figura complessa e potente, che rappresenta il potere divino e l’autorità. È una divinità che incarna sia la forza distruttiva che la giustizia e la protezione. La sua figura rimane una delle più importanti e influenti nella mitologia romana, simbolo della supremazia divina e del governo dell’universo.

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